A quattro anni dall’apertura “del campo”
29 Settembre 2020
Il campo “dall’interno”. 28-9-2020
Il 19 settembre 2016 aprivano per la prima volta i cancelli del “Centro di permanenza temporanea O. Cappelletti”, in via Regina Teodolinda.
(Per SCARICARE il report “La sfida dell’accoglienza” CLICCA QUI).
Erano giorni di autentico fermento. Non solo si veniva da un’estate particolarmente critica, segnata dall’assembramento di 600 persone nei giardini di San Giovanni, ma anche si era in una fase del fenomeno migratorio che metteva sotto stress la città, gli operatori, le realtà tutte e le istituzioni.
Como, città di confine… La gestione del “problema” stazione si sommava alla gestione dei centri di accoglienza CAS, i cui numeri toccavano proprio in quel periodo i loro massimi. La “pressione” del fenomeno migratorio si sommava inoltre alla fatica storica di una città che contava (e conta) un alto numero di persone senza dimora rispetto alla popolazione residente. I servizi della città erano sotto stress.
Il campo governativo – un unicum sul territorio nazionale – diretto da Prefettura e amministrato da Croce Rossa, voleva essere una risposta al “problema stazione” ed è stato da subito un oggetto critico.
Nacque infatti sotto il giudizio sia di coloro che non volevano sentirne parlare di migranti (e non vogliono tutt’ora), sia di coloro che non lo ritenevano una soluzione adeguata, né sufficiente, né rispettosa dei diritti umani. Qualcuno, ora, lo rimpiange: se non altro era una struttura capace di raccogliere persone, assisterle, farle conoscere alle Istituzioni, elaborare per loro risposte. Oggi sarebbe forse servito per il medesimo scopo, per altre persone? Non possiamo saperlo. Lo sapremmo se non l’avessero smantellato.
Chi c’è stato dentro, a lavorare, per i due anni in cui è stato aperto, si porta dietro un bagaglio di esperienza segnato dalla contraddizione e dal disorientamento, ma anche da forti carichi emotivi, e forti sollecitazioni per la crescita personale in competenze.
Difficoltà quotidiane nell’incontro con le situazioni critiche delle persone si sono sommate alle difficoltà di interpretare un mandato di servizio istituzionale a volte non compreso nemmeno dai beneficiari.
Per Symploké l’esperienza Campo Cappelletti ha significato volti, storie, modalità di lavoro, esperienza, ricordi.
Il campo chiudeva i cancelli per la notte. Ora invece sono perennemente aperti, dentro c’è un parcheggio gratuito, ma il lockdown e le erbacce incontrollate hanno contribuito a far diminuire drasticamente i posti disponibili.